La Vita - La Festa dei Santi Medici di Alberobello - Iconografia e Venerazione dei santi Cosma e Damiano-La Basilica

Patroni di Alberobello
Patroni di Alberobello
Centro Studi Internazionali Pierre Julien
titolo del sito del comitato feste patronali di Alberobello
titolo del sito del comitato feste patronali di Alberobello
COMITATO FESTE PATRONALI ALBEROBELLO - SITO UFFICIALE
ICONOGRAFIA E VENERAZIONE DEI SANTI MEDICI COSMA E DAMIANO
Vai ai contenuti

La Vita

osma e Damiano, molto probabilmente, sarebbero nati intorno all'anno 250 d.C., ad Egea, nella Cilicia, corrispondente all'attuale regione omonima posta all'estremità fra
l'altopiano anatolico e la Siria, allora provincia romana retta da un proconsole. La storia colloca il loro martirio tra il 285 e il 287 dell'era cristiana, quando il mondo romano era diviso nei due imperi d'Occidente e d'Oriente e quando l'unica divinità che contava era l'imperatore con i suoi pregi e difetti, con le sue cerimonie e con le sue pretese d'essere venerato a tutti i costi e da tutti. Così scrive Angelo Martellotta sul suo pregevole testo dato alle stampe nel 2003 [5] e di cui noi riportiamo alcune parti in queste pagine dedicate all'agiografia. Tramite interposta persona, il prefetto Lisia, ai due fratelli venne chiesto di adorare gli imperatori e di rinunciare a Cristo. Tre anni dopo la sua conversione, nel 39 dell'era volgare, Paolo di Tarso, l'apostolo delle genti, tornò nella sua Cilicia per far conoscere la dottrina di Gesù. Il fervore con cui si rivolgeva alla sua gente destò negli animi la voglia di conoscere il Salvatore e il suo grano germogliò in tante piccole comunità cristiane dopo che, a loro volta, provvidero a diffondere il Verbo nelle regioni limitrofe e che divennero l'iniziale culla, ove molti di coloro che credettero subirono il martirio. Quel fervore non si sopì in breve tempo, anzi perdurò negli anni e nei secoli successivi. In quel clima che si mantenne tale e sulla scia luminosa che conduceva alla perfezione, vissero i genitori di Cosma e di Damiano e i fratelli minori Leonzio, Eupreprio e Antimo. Non a caso, dono di Dio è il significato letterale di Teodota, la loro mamma. Attribuire ad una figlia quel nome, dal significato così icastico, equivaleva a palesare, senza veli, l'adesione alla nuova religione. Lei, con la morte immatura del coniuge, attinse la forza all'incrollabile fede e si adoperò instancabilmente a tirare su i suoi figliuoli, e, giovandole, li avviò alla conoscenza della medicina, com'era in uso in quelle terre.
La leggenda dice che fu lei a incardinare nell'animo dei figli il cristianesimo e non trascurò nulla per la sana formazione dei cinque figliuoli, affidandoli anche a seri educatori.

Cosma e Damiano, fratelli gemelli, di cui non si hanno notizie della loro adolescenza, frequentarono nella loro terra scuole di medicina che avevano già dato medici celebri, uno è Dioscoride, la cui opera ebbe riflessi per ben quindici secoli. Una scuola di farmacologia era a Tarso, capitale della Cilicia, città natale di san Paolo. I due fratelli, coniugando l'ingegno e la volizione, conseguirono vari successi e con l'intervento divino entusiasmarono i deboli e i potenti, virtutibus erant carissimi (erano assai rinomati per le virtù); la loro vita fu improntata al bene del prossimo come dovere di buon cristiano e a glorificare il Signore.

San Gregorio di Tours, che ebbe l'occasione di consultare manoscritti dell'epoca, riporta che essi erano gemelli, circostanza che confermarono in epoche successive anche i Bollandisti negli Acta Sanctorum, nel VII tomo: Theodata duos germinos fratres Cosmam et Damianum enixa est (Teodata partorì i due fratelli gemelli Cosma e Damiano). Dopo l'iniziale preparazione letteraria, entrambi, attendendo agli studi di medicina, si recarono anche ad Alessandria per attingere alle fonti di altri medici, soprattutto di Teofrasto e di Galeno. Si è anche pensato e scritto che i due non abbiano studiato medicina, ma possedevano il càrisma della guarigione, dono soprannaturale dello Spirito Santo, che serviva per consolare gli ammalati.
Una salda certezza che essi siano stati medici nel senso più ampio della parola è riportata nell'epigrafe della basilica eretta ai due martiri dal papa Felice IV (526-530):

Risulta che i Nostri ricorrevano a preparati che essi stessi predisponevano, dimostrando una costante e scambievole complementarietà, configurandosi, a seconda del tipo di intervento, chirurgo e assistente, medico diagnosta e terapeuta, speziale e infermiere. Coloro che si sono occupati di scrivere la loro vita affermarono che erano chiamati ovunque e per il loro aiuto i mali pili affliggenti e nefasti scomparivano.
Il loro sorriso era perpetuo al capezzale degli infermi, specialmente se poveri, per infondere fiducia e dopo essersi accertati delle condizioni degli indifesi, della natura della sventura, davano i rimedi opportuni, ma quando questi erano insufficienti, elevavano a Dio la loro calda e ardente supplica per chiedere la pronta guarigione, la quale si manifestava appena i due fratelli segnavano gli infermi con il segno della croce, come Gesù che ha curato con il contatto della mano o con la semplice voce. L'amore prodotto dalla carità cristiana essi lo manifestarono innanzi tutto verso i pili bisognosi, i pili poveri, i pili indigenti e verso quegli infermi evitati per paura di contagio. Loro effettuavano due guarigioni: quella del corpo e quella dell'anima, porgendo a ciascun ammalato preziosi avvisi per cercare senza interruzione la gloria di Dio e il bene dell'anima; era in fondo il fine della dottrina di Gesù che si raggiunge attingendo alla lodevole fonte del Vangelo.

Tutti gli ammalati restavano oltremodo sorpresi quando i due, dopo tante premure, rifiutavano qualsiasi compenso per le loro prestazioni. Subito meritarono l'appellativo di anàrgiri (gratis pro Deo), dal greco anarguros, cioè medici che curavano senza ricevere denari. Dal popolo venivano chiamati gli anàrgiri, e quando questo appellativo ricorre nei testi il riferimento è soltanto a loro.
I due fratelli medici non tennero alla propria gloria e mirarono alla conquista di anime da condurre a Dio e, senza indugio, moltiplicarono le loro azioni con prodigi tanto eclatanti da destare l'imbarazzo delle autorità imperiali; infatti, coloro che ne uscivano risanati, dopo i loro interventi, abbracciavano la fede del Cristo e si convertivano alla nuova religione. Cosma e Damiano non si limitarono a prendersi cura soltanto degli uomini, ma rivolsero le loro attenzioni, con molta premura, anche agli animali.
Negli Acta partim fabulosa si racconta che i santi guarirono un cammello ammalato, al quale prontamente ridiedero la salute. Per ricordare questo miracolo e altri a favore degli animali, l'Università degli Studi di Bologna e la stessa Facoltà di Medicina Veterinaria, ora trasformata in Scuola di Veterinaria e Agraria, hanno inserito i santi Cosma e Damiano nei rispettivi blasoni. Sia in vita che dopo il doloroso trapasso i Nostri hanno compiuto innumerevoli miracoli; ad occuparsene per primi, tra i molteplici esistenti nell'arco di oltre un millennio, sono stati sant'Adelmo, Procopio e san Gregorio di Tours. A tal riguardo l'eco fu tanto grande che il diacono Massimo relazionò sulla vita di Cosma e Damiano durante il II Concilio di Nicea (787), convocato dal papa Adriano I [5].
© Copyright www.santimedici.net 2014 -2024
Privacy Policy
Torna ai contenuti